Dalla discussione è emerso come il pubblico si caratterizzi ancora per la prospettiva di lungo termine e l’attitudine democratica. Spesso però non è sostenibile; quando opera per il contemporaneo, mostra poca chiarezza sui programmi e manca di continuità; con il passare del tempo, “Il brand pubblico perde di credibilità”, ha difficoltà a fare rete con le realtà museali private e dimostra una “bramosia illimitata nelle richieste economiche che riflette una ignoranza altrettanto illimitata delle dinamiche delle imprese”. Farraginosa, la legislazione attuale non favorisce le sponsorizzazioni, le elargizioni, i lasciti e le donazioni. “Le norme, in un paese civile, dovrebbero costituire un orizzonte entro cui lavorare; le leggi italiane sono decreti che derivano da un passato non più esistente, in contraddizione ed ad alta conflittualità interna”.
In un’Italia in perenne difficoltà, anche il settore privato si ritrova con limitate disponibilità. Gli organigrammi, inoltre, concentrano il potere in pochi manager che non assicurano continuità. Crisi di identità e di ruolo - le imprese non si sentono più spinte a comportarsi da mecenati -, alto rischio, raggio e territorio non ben definiti, frenano gli investimenti.
I tempi del privato e del pubblico non sono sincronici e le incongruità sono aggravate dall’utilizzo di linguaggi diversi, con una reciproca percezione di uno sbilanciamento tra il dare e l’avere. “Fintanto che il privato sponsorizza un restauro di un’opera pubblica, si registra una collaborazione perfetta, quando si offre di partecipare a un progetto di valorizzazione anche di patrimoni privati, la fiducia si incrina”. Il Novecento e l’arte contemporanea, in particolar modo, sono considerati “speculazione e mercato” e i musei acquistano poco o niente.
Superato l’elenco delle criticità, il tavolo ha sottolineato come la dimensione locale favorisca al contrario rapporti di collaborazione proficui; la sinergia funziona quando il privato si sente parte di una comunità verso cui nutre responsabilità civiche. Se i rapporti tra amministrazione pubblica e collezionisti sono positivi, ad esempio, può succedere che la collezione confluisca nel museo, o per lo meno vi confluiscano forze, professionalità e risorse. I casi di maggior successo sono scaturiti quando le nuove istituzioni hanno lavorato in continuità con il pubblico e nel suo solco.
Alcune strutture fungono da facilitatori delle relazioni. A volte, per quanto motivata, l’azienda privata deve essere accompagnata nella ricerca del partner giusto e del progetto adatto alle necessità di comunicazione. Case di produzione, agenzie di stampa, banche d’affari, club degli amici dei musei, possono svolgere, e attualmente svolgono, il ruolo di pontieri, più o meno formalizzati, tra le parti. Analizzano i bisogni e si adoperano per reperire risorse e soluzioni ai problemi puntando sulle competenze e sui rapporti personali.