Generare delle agenzie sui territori che conducano una attività di promozione e monitoraggio per i giovani artisti, anche con l’istituzione di grants, allargare la procedura concorsuale sia ai quadri intermedi dello staff di un museo, sia alla rete delle gallerie civiche e dei musei del territorio, fare maggiormente rete tra istituzioni nazionali e fare “lobby” per incidere maggiormente nel dialogo con le istituzioni, lavorare per accorciare la distanza con il pubblico, costruire delle linee guida chiare ed intellegibili sia nelle competizioni che nella gestione dei musei, svecchiare la comunicazione e rendere più fruibili le informazioni ed infine sottoporre a processi costanti di verifica i dirigenti nei loro mandati sono stati alcuni dei propositi formulati nella discussione.
Si è parlato inoltre di allargare nel settore pubblico i concorsi anche ai quadri intermedi (curatori, project manager, comunicatori, uffici stampa, …) e di investire maggiormente nelle risorse umane già esistenti, valorizzandole nel loro lavoro.
Altro tema, tangente a quello dei concorsi è stato quello del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia.
Si sono citati alcuni casi internazionali per arrivare, in Italia, al tema della volontà politica, discrimine nel nostro Paese ancora molto forte, che esclude, nel bene e nel male, la necessità di costruire un Metodo generale, tale che dia le regolamentazioni di base, fondamentale quando si ha a che fare con il settore pubblico.
Si è sollevato il timore che ci sia, inoltre, un problema di percezione, di disinteresse, in alcuni casi, del pubblico su ciò che avviene nel mondo dell’arte contemporanea. Perché le persone che compongono l’audience non pretendono nella gestione della cosa pubblica, anche in ambito culturale una maggiore trasparenza nella gestione dei processi?
Si è parlato ancora della ricerca universitaria, anche denunciando dei casi di scarsa trasparenza e meccanismi irregolari nei processi, spesso ritenuta solo di carattere scientifico, penalizzando quella umanistica e i concorsi ad essa correlati. In Italia la maggior parte delle persone è convinta che la ricerca sia una questione puramente medica e tecnologica. La ricerca umanistica ha infatti subito colpi durissimi, di cui oggi paghiamo le conseguenze. Produciamo pochissimi saggi nuovi, ancor meno di storia dell’arte contemporanea. Il problema della percezione interviene anche per ciò che concerne le nuove generazioni (in questo contesto sono intervenuti anche le persone dal pubblico del Forum) che si sono totalmente allontanate dall’idea del concorso pubblico. Le nuove generazioni non vedono come opportunità di lavoro la possibilità di fare carriera all’interno del settore pubblico. Si sentono tagliate fuori e probabilmente hanno perso fiducia nei pochi bandi che vengono aperti, considerandoli a priori pilotati, con il conseguente invecchiamento delle nostre strutture. Lo stesso vale per gli artisti, i quali mancando i grants e le strutture di sostegno che nei paesi stranieri, attraverso gli istituti di cultura e le agenzie governative vengono date a supporto della ricerca, si rivolgono esclusivamente all’auto-finanziamento e ai privati.
Di conseguenza, un colpo durissimo viene inferto alla sperimentazione, mancando, nonostante la presenza virtuosissima di privati a sostegno degli artisti, una cornice di libertà entro la quale operare e una promozione istituzionale del lavoro dell’artista a livello internazionale.