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A5. Riconoscere il valore del lavoro culturale

L’Italia è allineata al ribasso nei salari dei lavoratori della cultura; spesso agli artisti non è riconosciuto nemmeno un rimborso spese e il precariato di operatori e curatori è diffuso più che altrove. Come legittimare la pratica artistica e culturale affinché sia pienamente riconosciuta anche nel mondo del lavoro?


Report del tavolo

Il tavolo è stato condotto secondo un disegno quanto possibile orizzontale, chiedendo ai relatori intervenuti di ridurre la fase di autopresentazione e passare direttamente alla discussione aperta. Con questo obiettivo su una mailing lista interna sono stati preventivamente condivisi documenti, proposte e spunti come preparazione per il tavolo vero e proprio. Il tempo di lavoro è stato articolato in due fasi: 
- un confronto attorno alle criticità, con l’individuazione di parole chiave, trascritte in una mappa di concetti su cartelloni visibili al pubblico; 
- dopo una sessione di interventi da parte del pubblico, i relatori si sono espressi sulla coniugazione tra obiettivi e proposte, puntando a definire alcune priorità secondo una griglia ispirata alla Matrice di Eisenhower (parametri di urgenza e importanza) rivisitata con l’aggiunta del parametro della fattibilità.
premesse
- Standard e parametri di valutazione: mancano le coordinate, sia di taglio burocratico e normativo sia di tipo qualitativo, per definire il profilo professionale che qualifica l’artista, il curatore, il critico. Al di fuori di una griglia in cui sono compresi profili esecutivi (interni per lo più alle istituzioni pubbliche, siano essi di carattere direttivo o operativo) non esiste una cultura sociale e giuridica capace di comprendere i ruoli della produzione culturale e riconoscerli come professionalità autonome. 
- Posizione rispetto al costrutto sociale: gli artisti, e parzialmente anche gli operatori culturali, costituiscono una eccezione rispetto alla società, una forzatura della norma, un vettore di trasgressione delle regole che rischia di perdere autonomia nel momento in cui assume e si assoggetta alle medesime regole del sistema. Come risolvere l’antinomia tra un posizionamento interno e uno sguardo agito dall’esterno? 
- Impiegati dell’arte? Nel momento stesso il cui l’artista impiega il proprio ingegno nel vedere soluzioni non ancora esistenti, come può essere compreso in una regolamentazione? L’arte sintetizza l’anomalia di un modello di instabilità immesso nello stato sociale. Possono gli strumenti di un riconoscimento giuridico aiutare a dare corpo ed efficacia all’obiezione espressa dall’arte? 
- Isolamento e contesto: i professionisti della cultura condividono alcuni problemi con altre professionalità, ma non si raggiunge mai un piano di confronto (anche semplicemente con i lavoratori dello spettacolo) che apra la possibilità di ricerca e condivisione di soluzioni: strumenti, competenze, interlocutori 
- Il volontariato. Come reagire alla richiesta di prestazioni gratuite? Quali sono le responsabilità personali, e le ricadute sullo spazio più ampio della categoria, nel momento in cui si accetta di lavorare senza compenso, senza copertura delle spese, senza i minimi riconoscimenti di una messa a norma? L’unica alternativa è dire “no”, o esistono margini per una negoziazione?
proposte
- Riconoscimento e scrittura di una storia. Il mondo dell’arte italiana ha più volte cercato di convogliare energie e operatività nell’edificazione di una autocoscienza corporativa, in diverse regioni, con premesse differenti e successi variabili. Osservando la sensibilità e i progetti in corso, animati con intelligenza da giovani artisti, si avverte la necessità di integrare alle istanze del presente quanto già avvenuto in passato, per riconoscere il valore delle esperienze pregresse e reimmetterle dinamicamente nel dibattito attuale: una sorta di letteratura della storia recente che contribuisca alla costruzione del senso di comunità capace di rendere sensibile verso l’esterno la forza della massa critica. Bisogna quindi agire prima all’interno dell’universo dell’arte e poi proporsi verso l’esterno. 
- Individuazione di nuove figure. È necessario definire dei ruoli di raccordo o mediazioni che possano garantire il dialogo nelle relazioni tra mondo dell’arte e istituzioni pubbliche o private con cui viene aperto il confronto. Queste figure non possono corrispondere ai rappresentanti di casta (comitati e associazioni di fondazioni, gallerie, musei, etc) ma devono essere espressione di una rete capace di confrontarsi con uno stato sociale che si faccia innovatore sul piano culturale. 
- Coerenza normativa. Con la consulenza di specialisti e professionisti è necessario creare l’accessibilità alla conoscenza dei diritti, delle regole, delle norme che istruiscono i rapporti di lavoro. Esempi europei e transnazionali posso costituire modelli validi, come anche il confronto con altri segmenti sociali già strutturati rispetto ai diritti connessi al lavoro. Tutto questo deve avvenire a partire da una analisi dei bisogni e attraverso una riconfigurazione dei rapporti tra autonomia e regole. 
- Osservatorio. Raccogliendo anche proposte emerse in altri tavoli e portate nel dibattito nel corso dell’interazione con il pubblico, sembra che la sintesi di obiettivi e proposte, per dare seguito a quanto indicato nei punti precedenti, possa prendere forma nella prosecuzione del lavoro e del confronto qui avviato: un centro di ricerca, di analisi, che coordini tra loro bisogni e prospettive, chiamando specifici interlocutori a tradurle in possibilità. Questo organismo è descrivibile come uno spazio di apprendimento aperto. In seno a questa prospettiva è stata dichiarata da alcuni partecipanti al tavolo la volontà di mettersi a disposizione unendo competenze ed esperienze.