Da un punto di vista propositivo il tavolo, schematizzando un po’, si è espresso per:
1 - studiare e valorizzare la tonalità affettiva che può avere la lingua madre, e comunque indagare e, appunto, conferire valore, alla lingua in cui si veicola il desiderio, tenendo i suoi campi di azione ben distinti rispetto alla lingua in cui si è costretti ad esprimersi per necessità legate al lavoro, o alla rapidità della comunicazione ecc. Una proposta concreta potrebbe essere quella di organizzare dei veri e propri laboratori con partecipanti di diverse provenienze linguistiche, alla scoperta dell’ “impronta” affettiva o erotica delle parole che si usano. Tale laboratorio – che potrebbe avere il titolo di “Il bacio con la lingua” - dovrebbe tentare di dare una risposta alla domanda: “Come articolare una lingua del desiderio per/da/con l’arte?”
- usare, nelle comunicazioni attraverso i nuovi media (internet, posta elettronica, reti sociali), non tanto modelli “vincenti” basati su rapidità, semplificazione, efficienza economica, aderenza alle leggi del mercato ecc. che sono già dati e di facile riproducibilità, ma piuttosto modelli inventati di volta in volta, in grado di produrre nuove forme di prossimità;
- valorizzare, nell’uso della lingua, i momenti e le occasioni legate proprio alle incertezze o a ciò che è considerato “errore” – la balbuzie, la vergogna, le funzioni rivelatorie spesso legate all’uso di una lingua che non si conosce, ovvero al dialetto che si è abbandonato - poiché la densità della proposta artistica è legata proprio al riconoscimento di una sorta di estraneità linguistica profondamente insita nel sé (Kristeva), all’uso “minoritario” della lingua, all’essere stranieri nella propria lingua (Deleuze), che sono tutti indici delle diversità presenti in un dato contesto sociale (ma anche nel singolo individuo) e che ne rappresentano il potenziale creativo;
- introdurre, in tutte le occasioni internazionali possibili (conferenze, testi, opere d’arte che usano il linguaggio, lezioni, laboratori ecc.), l’uso di termini (o specifiche espressioni) provenienti dalla lingua madre e che possano spiegare al meglio certi passaggi concettuali, nonché arricchire di contenuti (associazioni, sfumature, metafore, giochi di parole) l’inteso; incoraggiare anche altri, di altre lingue, a farlo. La comunicazione risulterà più lenta – poiché richiederà un tempo supplementare per “tradurre” discorsivamente in inglese l’espressione scelta – ma introdurrà profondità di significato e uno scambio plurilinguistico a cui chiunque, da qualunque provenienza, darà un determinante contributo.